mercoledì 2 settembre 2015

Puntata N° 15: Lasciate che le GAG vengano a me

La GAG per definizione è la battuta, il siparietto comico, come anche ricalca il concetto di soffocare, strozzarsi, magari per il troppo ridere.

Il ridere questo sinonimo di stare bene, ma forse anche no, si ride per disperazione, per non piangere e pure un po' per isteria per lasciare fluire la negatività.
Ridere e piangere insieme, o a momenti alternati.

Insomma comunque la gag è un soffocare (magari di risa) e quindi un gran diocanaccio.
Quest'ampia dicitura di una realtà comica, che scavalla e trascende la realtà reale e diventa surrealismo assoluto. 

E intorno a me vedo solo gag, voi direte che vita incredibile, divertente, mai noiosa.

No, è una vita di merda esattamente come la vostra, ma semplicemente ciò che la rende ancora più una merda è il leggere il "maccosa" dalla vita come una grande infinita incredibile gag. Stupirsi e ridere delle disgrazie proprie, delle situazioni senza senso e profondamente spiacevoli. 

Ridere di tutto non è prendere tutto con leggerezza, tutt'altro è: SOPRAVVIVERE.
Io di base sopravvivo e rido, rido di ogni incredibile cosa, ovviamente negativa, si presenti davanti a me.

Lasciate che la gag vi pervada, vivetela come se fosse l'ultima, lasciatevi andare alle situazioni del cazzo, non cercate di fuggire, lanciatevi colla testa in questo mare pieno di scogli a vista, farsi del male è un arte e io ne so il Michelangelo, del resto senza arte, né parte. So' che anche voi potete farcela.

Vivete tutto così.

In quanto la vita non vi sorriderà, ma voi riderete istericamente della vita e così andrete avanti e avanti e avanti scordandovi di essere nati.

Ma piuttosto, basta farneticare, torniamo alla scienza, esistono ben tre tipologie di gag:

1) La prima è la "classica", quella di bassa lega. Siete a cena in un posto pubblico, magari ad un matrimonio e ad uno dei presenti scatta una sonora e incredibile scorreggia mentre voi bevete un amaro particolarmente denso e cremoso, non riuscite a trattere la sonora risata e così lo sparate a dritto in faccia, nonché sul suo vestito celestino, alla testimone di nozze che a malapena conoscete;

2) La seconda è la "sottile". Ad esempio quando state raccontando i cazzi di un'altra persona, magari ad un vostro amico, che non conoscete bene. Ridete per ore prendendolo in giro e solo a fine serata scoprite che è il cugino o l'amico d'infanzia del suddetto vostro interlocutore;

3) La terza è la "tragedia". Non esistono reali esempi, è solo quando l'incastro della vita vi porta a vivere una situazione talmente drammatica, ingestibile, inconsapevole, porcodiodicevole, che la realtà di botto supera talmente tanto la fantasia da ridiventare prepotentemente realtà, realtà che state vivendo, e niente, sarebbe meglio andare in coma temporaneo, linea piatta e pedalare. Farsi domande o reagire alla cosa sarebbe assolutamente inutile e controproducente.

Ne deriva, dall'ultima tipologia, la nuova scuola di pensiero per ragazze/i moderne/i: #livingthegag. 
Bisogna lasciarsi vivere e vivere la gag in maniera libera spassionata, senza fronzoli e legami. 
Lasciare che la gag ci avvolga con un caldo abbraccio di filo spinato, che ci culli con corde di yuta su uno strapiombo dello Yucatan, lasciare che ci pervada come l'eroina o la cicuta (a seconda delle vostre inclinazioni culturali).
La gag è per tutti: borghesi e proletari, aristocratici ed anarchici. La gag non fa distinzioni sociali, né di sesso. 
La gag è tua amica, come tua nemica.
La gag è con te nel momento del bisogno e del disagio.
Vivi la gag.
Fallo.
Una gag è per sempre.


Nessuna paura e nessun rimpianto, nessun rimorso, nessun futuro.
La gag non ti giudica, la gag non ti assolve.
It's just a gag and you just a girl/boy.

Semplicemente living the gag now.

Siamo moderne/i per dio.



Lasciativi andare sarà bellissimo, lo stesso.

giovedì 2 ottobre 2014

Puntata N° 14: facciamoceneunaragione

Vorrei tumefare nel letto agonizzando. Ma non ci riesco, sto anche discretamente una merda fisicamente parlando. Mi sono messa su un disco, dicevo per conciliare il sonno, sì vabbè cla la roba che ti senti te non è mai per conciliare il sonno, è ora che te ne fai una ragione.

Farsi una ragione delle cose è quello il problema?
Che poi ma che vuol dire farsi la RAGIONE di qualcosa?! Ci avete mai pensato?

Cioè mi muore il gatto, facciamo un esempio.
"E ma dovrai fartene una ragione..."

"Ma io sto una merda!"
"Vedrai che te ne farai una ragione, coraggio..."

E se volessi farmene un torto? Ma che cazzo vuol dire?
Una ragione!
La ragione. Questa cosa così sopravvalutata.

Quando sarò morta e sepolta forse me ne farò una ragione.

Se solo sapessi cosa vuol dire. Farsi una ragione, sarà tipo una droga molto fica, tipo, boh, l'eroina?

[Voce del rimastino]: "Aho, che me dai due spicci dai m'è finita la broda amico"
[Passante perbenista]: "Eh ma lo so che devi farti di ragione..."


[Tossico xy]: "Ehi ma ce l'hai un po' di ragione, quella buona" [occhiolino]
[Spacciatore]: "Ho la migliore ragione, una proprio purissima, la vuoi provare?"


E poi come ci si farà di ragione, tipo una pera, una botta, si fuma? è una pasticca...?
Non è dato saperlo, ma la cosa importante è che quando te succedono le 300000000000 sfighe, i 200000000 fatti spiacevoli della vita, tu te ne faccia una cazzo di ragione.

Forse hanno ragione, son fatti di ragione.

mercoledì 20 febbraio 2013

Puntata n°13: Anarchiaunicavia (speciale elezioni)



Chiariamoci subito. Sto pensando, leggendo, ragionando e appuntando idee, riflessioni. Perché diciamocelo, astenersi passivamente non è più sufficiente. Almeno per me che sono una casinista di natura. Una che si altera facilmente. Sì ho pensato all'entrata scenica con le molotov nella cabina elettorale, a cagare nel seggio come suggeriscono i Max Carnage, a entrare urlando bestemmie, scrivere un pippone sulla scheda elettorale.


Ma partiamo dal principio: l'anarchismo, per prima cosa, non ha nulla contro il voto in sé in quanto strumento o in quanto metodo per decidere su questioni pratiche una volta che le diverse posizioni in campo siano state esposte e dibattute esaurientemente, oppure nel caso dell'elezione di delegati o rappresentanti all'interno di una assemblea o di una comunità definita, in cui ogni responsabilità individuale sia stata prima messa sul piatto della bilancia. Ciò che è veramente importante è il contesto in cui questo strumento viene usato. 
Gi anarchici non sono, per definizione, contro le elezioni in quanto strumento. Il problema qui è il contesto in cui il voto viene esercitato e, cioè, all'interno della struttura dello Stato, che con ciò legittima la sua dominazione su tutti noi che siamo poi di fatto esclusi dalle decisioni. 
La radice del problema è la gestione del sistema. Semplicemente sbagliata? O c'è un problema altro? Il problema è che le elezioni creano uno spazio finto ed artificiale studiato ad hoc per la politica. L'illusione che votando si possa scegliere ed essere liberi di scegliere e sentirsi in qualche modo responsabilizzati della scelta. La fantastica unica bellissima incommensurabile stronzata che se formulo un giudizio logico razionale lineare io sia di fatto un Uomo/Donna con la U e D maiuscole, per cui poi nel compiere quella determinata azione, io abbia conseguentemente fatto la cosa più giusta del mondo. Insomma una versione evoluta del Cogito, ergo sum del caro Descartes. 
Mi viene da pensare a Davidson (ora sto divagando, ma vorrei utilizzarlo per arrivare al che che mi interessa)Secondo Davidson, la volontà di un individuo è debole se l’individuo agisce intenzionalmente in maniera contraria al suo miglior giudizio. Vale a dire che gli manca la forza di volontà per fare ciò che sa, o crede, essere tutto sommato la cosa migliore, formalizzando così l’argomento:

a) l’agente compie l’azione x intenzionalmente;
b) l’agente crede che esista un’altra azione y che potrebbe compiere;
c) l’agente giudica tutto sommato le conseguenze dell’azione y migliori delle conseguenze dell’azione x.

Ora il problema qual'è, che non sempre l'agente conosce o può prevedere realmente le conseguenze dell'azione x/y. Facciamo un esempio: c'è un bottone rosso, io credo che premendolo possa far uscire il frigo bar dal mobiletto. Questo non accade, nella stanza non accade nulla, ma in realtà con quel bottone  si è appena sganciata una bomba in Canada. Ora tralasciando il fatto che uno possa pensare che la conseguenza "bomba in Canada" sia migliore del "mobiletto alcolici", di base l'agente non pensava certo di sganciare bombe e alla fine neanche è a conoscenza di quello che in realtà è successo, per lui non è accaduto nulla. L’argomento di Davidson è ovviamente un paradosso empirico e anche il mio esempio. Però fa riflettere. Su quello che uno pensa che il compiere una determinata azione, partendo da determinate ragioni, porti poi a conseguenze inaspettate e in realtà neanche percepibili. Noi abbiamo solo imparato che il frigo bar non uscirà se premiamo quel bottone rosso. 
Ma più genericamente noi quel bottone sappiamo a cosa serve? 
La risposta è no, non abbiamo la certezza. Quindi la scelta è fra il premerlo e non premerlo, certo pensi che non può succedere nulla di che, ma che potrebbe succedere qualcosa se lo premo. Nel dubbio è meglio stare fermi? 
Ma comunque, conseguenze morali a parte, resta aperta la questione di qual'è la ragione per cui un agente sceglie di fare x se nel caso specifico poteva starsi fermo e non premere niente. La risposta di Davidson è che la connessione causale fra ciò che l'agente crede e desidera e ciò che l'agente compie viene interrotta e che la particolarità di questa interruzione, quando accade, è l’incapacità da parte dell’agente di comprendere sé stesso, riconoscendo che dietro il suo comportamento intenzionale c’è qualcosa di sostanzialmente irrazionale. 
Davidson distingue due livelli di giudizi espressi dalla razionalità pratica: i giudizi condizionali (per cui solo un aspetto dell’azione è desiderabile - voglio scoprire a cosa serve quel pulsante rosso) e giudizi incondizionati (per cui l’azione è desiderabile nel suo insieme - voglio quell'alcol di merda), ma soltanto i giudizi incondizionati sono giudizi intenzionali. L’interazione fra credenza e desiderio viene a costituire un sistema di riferimento indispensabile per rendere  intellegibile un’azione ed è in questo senso costitutiva della sua razionalità. Allo stesso modo, la possibilità di spiegare la scelta di un agente a partire dalla combinazione di un desiderio e di una relativa credenza è una condizione indispensabile per poterla considerare razionale. Questo significa che le ragioni di una scelta dipendono dalla descrizione che ne diamo, e che per capire un comportamento facciamo delle ipotesi sugli stati mentali dell’agente, cioè proviamo a interpretarlo. La debolezza della volontà per Davidson si presenta non come un errore dell’azione fondato su un giudizio incondizionato, ma come un errore dell’azione fondato su un giudizio condizionale (premere quel fottuto pulsante, per l'alcol c'è il bangla sempre aperto, o no?!). Non si tratta cioè di una contraddizione logica fra giudizi o credenze di un attore, ma di una violazione pratica del principio per cui chi agisce lo fa sempre in vista di ciò che giudica essere meglio per lui. 
Meglio per lui? Meglio per la collettività? Meglio?
Non so se mi state seguendo...
Tutto ciò per dire che è esattamente questa la logica che c'è dietro le elezioni. Ed è su questo piano che dovrebbe insistere una critica radicale anarchica.
La politica è ciò che tutti noi esercitiamo in prima persona ogni giorno, nelle nostre scelte, nei nostri acquisti, nei nostri spazi, in sostanza in tutti gli aspetti della nostra vita, e non solo nello "spazio-gabbia" deputato in cui l'individuo è lì che guarda il pulsante rosso, dubbioso se premerlo o meno. 
La scelta può essere l'astensione, come il manifestare il dissenso in sede di scrutinio. Il punto non è "io non voto" e ti dico tutto. Non perché è meglio per me, ma perché io quel cazzo di pulsante rosso non lo premo e te lo spiego perché, perché porcodio non ha senso che lo faccia. Mi rifiuto di votare in questa sede, perché non riconosco questa sede, non riconosco questi politici, non riconosco questi partiti, non riconosco lo Stato. E' un modo per "votare non votando", votare il fatto di vedere il parlamento vuoto come dovrebbe essere. E' un voto non-anonimo, perché non avviene nel buio dell'urna, ma a viso aperto. IO MI RIFIUTO DI VOTARE IN QUESTA SEDE, IN QUESTO MODO.
Regà io domenica vado e lo faccio perché me rode veramente il culo, non andarci stavolta non è sufficiente, non basta.
"Il problema, insomma, è questo: l'astensionismo è un dogma tattico che esclude qualsiasi eccezione strategica?"
se lo chiedeva Berneri nel '36.
In tutto ciò non ho dormito neanche stanotte. 
Domenica mi arrestano al seggio. Addio.

lunedì 11 febbraio 2013

Puntata n°12: Ilpapaabdicaosidimette?


Tutta sta storia del papa mi ha fatto tornare alla mente il buon Celistino V e fatto ricordare il perché a me Dante Alighieri è stato sempre sul cazzo:

Torniamo al Medioevo, il buon Papa Celestino V (detto il Papa del gran rifiuto) rimase pochi mesi a reggenza. Dopodiché il signor Celestino (non quello che ha il baretto a San Lorenzo) si ritirò (giustamente, visto il periodo storico e visto come stavano incasinati con la lotta per le investiture e visto anche che forse a uno nella vita a un certo punto non gli va più di avere a che fare con gli altri esseri umani) a vita eremitica sino alla morte, scelta direi di grande consapevolezza o comunque, davvero una bella decisione. Celestino V era di fazione politica opposta a quel grande poeta de sta minchia di Dante Alighieri e a prescindere da sentenze politiche o strettamente critico-letterarie, credi religiosi etc etc, ricordo che quel simpaticone del buon dante schiaffò il Celestino all'Inferno tra gli ignavi. Noi tutti studiamo la Divina Commedia al liceo per tutto il triennio, importante nella nostra formazione. Senza entrare in tecnicismi, Dante era un rosicone catto/liberale. Un intellettuale piddiano, o peggio, un precursore del catto/comunismo moderno. Viviamo in un mondo democratico, e il nostro stato la cultura liberale democratica è basata sulla lettura dei Promessi Sposi del Manzoni e della Divina Commedia di Dante Alighieri (tralasciamo i suoi sonetti, che poi sulla scia della trilogia di diocane tipo "io, te lapo e stocazzo", tocca pure leggerseli, quegli obbrobri...), facciamoceli due sani conti prima di prendercela con i politici di oggi, figli della politica di ieri e anche degli intellettuali/poeti/pensatori che sono stati imposti come più rilevanti di altri, il substrato era già buono e fertile lì.  Che poi la letteratura è davvero pericolosa, perché non è che ti metti là, leggi un trattato, un saggio, che per quanto ben scritto può appassionare al massimo cinque nerd, la letteratura è di massa, influisce sul modo di parlare, di esprimersi, cioè pensiamo al fatto che noi si parla la lingua che ha deciso suppergiù di parlare il Manzoni. Oddio ora come ora la maggior parte degli italiani non parla neanche quella, ma pensateci solo per un attimo, quello stava lì a tergiversare con la Provvidenza del signore iddio e noi ci troviamo costretti a parlare quella lingua là. Mi dispiace Gentile, mi dispiace, in filosofia ne avevi di cose interessanti da dire, ma di letteratura non capivi una mazza secca. Ma la democrazia liberale è la democrazia liberale, anche perché se il mondo fosse tendente al buon senso o semplicemente al buon gusto, avremmo studiato così puntigliosamente l'Orlando Furioso del rivoluzionario Ariosto Ludovico....
Celistino sarà stato pure appartenente ai guelfi neri, ma abdicò per andarsene su eremo di una montagna; Dante guelfo bianco, ancora sta qua a stracciarci i coglioni.

Buona lettura.



"Poscia ch’io v’ebbi alcun riconosciuto,
vidi e conobbi l’ombra di colui
che fece per viltade il gran rifiuto"

(Inferno III, 58-60)

sabato 5 gennaio 2013

Puntata n°11: lavitanonsmettemaidisorprenderti


Miei cari, piccoli-grandi pochi, lettori, son qui, anche se è pur vero che è almeno un anno che non aggiorno questo inutile blog. Ma tant'è! Cosa mi spinge a scrivere, a parte lo stare mezza bloccata nel letto e non avere un ceppa da fare, cioè da fare di cose ne avrei, ma sempre tappata nel letto son (attendendo viveri tipo pizza bianca e arance)! 

Scrivo perché, dio santo ragazzi, volevo troppo dirvi che la vita, diobon, ecco, non smette davvero mai di sorprenderti! 
Pensate alla nascita di un cucciolo di un animale, pensate a dio, pensate ai preti che dicono ogni domenica il loro sermone in chiesa, pensate a Berlusconi, pensate a Casini e ai casini, pensate a Fabio Fazio, pensate ai vostri "amici", di cui volenti o nolenti, vedete e sapete tutti i cazzi su facebook, cioè proprio che tu apri la pagina e sbam, la minchiata del giorno è lì, non puoi ne evitarla, ne non leggerla, e se non è una minchiata sarà comunque una cosa che ti farà incazzare o dire tra te e te, la magica, unica, vera, sincera, ancora unica, parola: MACCOSA. 

Eh, sì! La vita ecco non smette mai di sorprenderci! Volevo dirvi questo. 

Grazie, grazie, di sorprenderci così ogni giorno della vita di merda che viviamo, ecco grazie Vita e Sorpresa per darmi una ragione in più per pensare al suicidio preventivo e ragionato al fine dell'estinzione umana, o ad un programma controllato delle nascite basato sul fatto di salvare solo soggetti potenzialmente inclini ad ascoltare solo harsh noise, doom/sludge, black e death metal ( roba che il grind e l'hc son già troppo poco disagiati come generi e creano aggregazione tra le persone, quindi non vanno bene), o pensare agli stermini di massa, meno lucidi e ragionati, ma più emotivi ed istintivi, ad esempio condotti tramite l'uso e abuso di napalm. Lo sapete sono una persona diretta, non mi piacciono troppi giri di parole, cazzi e mazzi. Io non sono per tutto quello spreco di energie e soldi alla tedesca, o peggio alla russa, (mettere su delle strutture, mezzi di trasporto, liste, contro liste, "obiezione vostro onore"..."ma quale obiezione, lei è colpevole di essere nato! Stia zitto!"), troppo ragionati e lucidi. Noi veri "uomini" ripudiamo la lucidità!

Una bella colata di napalm e via. Al momento mi basterebbe anche solo una cazzo di tempesta elettromagnetica che mandi a zoccole telefoni ed internet.

Vabbè, CIAO RAGAZZI. Alla prossima.

Che come tutti già sapete è un saluto tipico tortonese.

martedì 21 febbraio 2012

Puntata n°10: .itopinonavevanonipoti.

.Oggi. 
.21022012. 
E' una data palindroma. Un giorno palindromo. 

Una sequenza di numeri che si evolvono in cifre ribaltabili senza problema alcuno. Il problema qual'è? E' che come gira, gira, la questione resta la medesima, non solo nella sostanza, ma proprio nella forma. 
Sembra incredibile! Eppure il palindromo c'è, esiste, popola il nostro mondo e lo influenza. Anzi forse noi viviamo in un mondo palindromo. I palindromi sono ovunque. Si nascondono sotto il cappello e gli occhiali da sole ad ogni angolo di strada.

Tutto è palindromo. 
Ma solo qualcosa lo è evidentemente. 

Per chi come me è affascinato da questa esternazione di percorsi percorribili in entrambi i versi (perché identici, polipercorribili, polifunzionali, poli della stesso percorso), non solo ne è attratto dalla perfezione geometrica, o dalla chiarezza con cui si legge o si intende tale cosa, ma è altratto molto probabilmente dal gioco enigmatico che c'è al suo interno. 

Dai il palindromo è troppo perfetto in un mondo imperfetto.

E' totale emblema di imperfezione data dalla ciclicità schifosa e impossibile da scardinare delle nostre vite. Ad esempio, no per dire, io ora dovrei uscire di casa e invece sto qua scrivere un blog, quanto cazzo poco ha senso questa cosa e questa vita (la mia)? 
E nulla sto qua che parlo di palindromi, che invece hanno senso, sono perfetti. 
Perché sì, ammettiamolo no, è più bello vivere nel mondo delle "Idee di Platone". 
Idealizzare tutto: persone, vite, prospettive, luoghi, racconti e relazioni. Il tangibile è una merda diciamocelo. E' imperfetto, sporco, logoro. Presenta problemi, opacità, retaggi impossibili da scrostare. Invece guarda lì, l'idea come è perfetta, come mi piace quell'idea precisa e idealizzata che sta lì. Il guardare in faccia una persona e parlarci "viso a viso" quante insidie nasconde al suo interno, ma stiamo scherzando!?!
E se poi guardandola in faccia mi accorgo che ha quel capello è fuori posto, che io immaginavo perfetto. Se poi mi accorgo che ha un modo di gesticolare che, quando sono stanco e sonnolente, mi dà fastidio? No meglio l'idea. Meglio che non possa scoprire un cazzo, che non possa scoprire che invece le imperfezioni mi facciano impazzire, e poi come si fa se scopro che le imperfezioni mi piacciono;che le sbeccature della matita, i margini poco definiti  di una penna non funzionante mi rendono ebete. 
Anzi no, nel mondo delle idee contemporaneo, esiste anche l'idea di imperfezione che è talmente perfetta da non poter essere possibile; e se poi nel mondo del sensibile anche quell'imperfezione, cristoiddio, non sia quella che io avevo immaginato. Siamo in un mondo in cui l'idea di ciò che mi deve piacere, perché è imperfetto e malato e distorto, deve essere necessariamente corrispondete a ciò che ho nella testa. Noi come i greci, siamo qua che ancora idealizziamo e crediamo nella perfezione (magari imperfetta, ma comunque è perfezione, vabbbbene?!)
Io sono colpevole, sì, amo l'emblema della perfezione perfetta, il palindromo. E' inquietante e affascinante allo stesso tempo.
E allora non uscite più più, statevene a casa davanti al piccì, con la vostra paura del sensibile e con le vostre angosce quotidiane, a immaginare l'imperfezione perfetta (occhio alle seghe però, si rischia la tendinite, eh!), così almeno in questo senso tutto sarà imperfettamente al suo perfetto posto, come tutto ciò fosse imperfettamente palindromo, come la vita.
Buon PalindromeDay ragazzi.

lunedì 13 febbraio 2012

Puntata n°9: Ilritornoalleorigini

Ebbene ora basta. Facciamo uno o due o anche tre bei passi indietro.
Cosciente (fortunatamente) che nessuno di voi leggerà mai questo blog di merda proprio in generale, ecco oggi son proprio "di quei giorni lì" (e non parliamo di cicli, menarchi o che dir si voglia), quelli che ti svegli che ti gira tutto intorno. Nel senso proprio che ogni cosa potrebbe urtarti e non solo in senso metaforico. Bene! Bene, ben...! 
Il motivo di tale malumore? Inspiegabile. E' sempre inspiegabile, ma lo sappiamo tutti che mentiamo spudoratamente. Quanto cazzo mentiamo in tutto l'arco della nostra vita. Anche i più onesti di noi. E a chi mentiamo in primis, beh, a noi stessi. Ci reputiamo alle volte così tanto ipocriti da negare anche il fatto di esserlo, ipocriti.
E poi dai davvero abbiamo mille motivi per provare la più suscettibile insofferenza per il mondo e l'umana specie. Perché sì, diciamocelo, la vita è una merda rara, densa di avvenimenti del cazzo, di reazioni a catena inaspettate che collassano inevitabilmente dalle nostre scelte verso un buco nero di problemi sempre più grossi e insormontabili, di sofferenza e di sgomento; e poi anche perché le persone ci deludono, ci schifano e noi le schifiamo a nostra volta (nei migliori dei casi), o nei casi peggiori, ci strappano il cuore con le mani gelide e ce lo mangiano davanti come i migliori zombie dell'ultimo mondo cannibile e possibile esistente, o peggio ci schiacciano (proprio come nelle ultime pagine di La Pelle di Malaparte) con carriarmati che sparano cuori rossi e caramelle, con sopra gli stencil rosa di Hello Kitty, ridendo come dei nazisti che si raccontano meravigliose barzellette sul sapone giudeo.
E tu, sì tu che mi vieni a dire: "no ma la vita è bella, ma la felicità..." ma la vita...ma bella un cazzo? Ma la felicità di chi, di cosa? Epppoi, madddaiii, che non ci credi neanche te (ipocrita appunto con te stesso)! Stiamo tutti malissimo e basta. La vita fa schifo per tutti, non è che io o te siamo dei privilegiati della felicità o della sfiga, in questo senso non lo è nessuno di voi.
Ecco allora uno si alza la mattina e già vorrebbe decapitare ogni essere vivente gli giri attorno. Ogni minima, piccola, impercettibile cosa fuori posto (per noi) diventa motivo di odio e quindi di esercitazione di una qualsivoglia violenza psicologica o mentale su un altro essere umano.
A cominciare dalla signorina bionda che al bar ordina il latte macchiato freddo con quella vocina da cerebrolesa, che poi diciamocelo, macccosaè il lattemacchiato?? Ma puoi davvero bere del lattemacchiato?!? E del barista piacione che le fa il cuoricino grazie alle avanzatissime tecniche da bar. E poi si gira verso il collega e comincia ad elencare i culi delle tipe che ha visto in discoteca il sabato sera prima e di quante ne avrebbe  tranquillamente potuto mettere incinta (fortunatamente, per tutti noi, è un bluff e quindi ci risparmiamo una decina di figli a settimana "stile subumano di genere"). 
E tu? Tu con l'occhio traballante butti giù il tuo doppio-caffè amaro senza zucchero. Ma non contento nel tentativo goffo di dare un senso alla tua inutile vita cerchi di fare il salutista ordinando una bella spremuta di arancia, e giù altro acido nello stomaco, senza zucchero, però, che FA MALE. Certo fa male più delle 3 bottiglie di vino a stomaco vuoto della sera prima...altro acido nello stomaco. E via così. E siamo solo alle nove di mattina.
Gli odori, i rumori, il telefono che squilla sempre, il cane che abbaia, la vicina che ascolta i neomelodici napoletani a palla di fuoco. Tutto è insofferenza, la gente che parla, parla, parla, macchecavraidadirepoi. Maccosaparliamoafare. Comunichiamo maperqualeragione. Boh. Nonloso.
E poi nulla, hai quel chiodo fisso lì, che ti martelli sempre più forte nella testa, forte e continuamente. Alla base di tutta la tua insofferenza quello è il motivo scatenante di tutto, quello che hai intorno che comunque non ti va bene si ravviva come fuoco con l'attizzatoio. La fiammella sta là e basta poco per far sì che le fiamme siano di nuovo alte.
E' inutile che provi a tirarci l'acqua sopra, occhio che potrebbe essere vodka.